immagina un elettrone come un gatto in una scatola che è vivo, morto e pure in vacanza a Ibiza… finché non apri la scatola. Quando guardi? POUF.
Sceglie una versione: vivo, morto… ma non tutte e due.
Questo è il collasso della funzione d’onda: la misura costringe la realtà a decidere. Perché? Boh.
La fisica quantistica è così: folle, precisa, e un po’ stronza.
Tipo un prof che ti interroga solo quando non hai studiato.




L’effetto osservatore (o: perché non posso più guardarti senza rovinare tutto).
Sta lì, a un tavolo da me, con quel maglione troppo grande e le cuffie mezze staccate. Ride da solo a un video, e io vorrei tanto sapere cosa guarda.
Ma non posso girarmi.
Perché l’ultima volta che l’ho fissato troppo a lungo, si è accorto. Si è bloccato. Ha abbassato lo sguardo, ha sistemato i capelli, ha fatto finta di niente. E da allora è stato diverso.
È come se il mio sguardo fosse un esperimento: finché non lo osservo, lui è libero. Ride, sbadiglia, si gratta il collo, esiste nel suo stato puro.
Ma appena lo guardo… collassa. Diventa consapevole. Diventa recita.
Così adesso tengo gli occhi bassi. Faccio finta di leggere.
E intanto, nella sovrapposizione quantistica del bar alle 18:03, lui è ancora felice, ignaro, reale.
E io… resto qui, a innamorarmi di una probabilità.